Il Collettivo con la Verdi 15.

Martedì 30 Ottobre Torino si sveglia presto (ma non presto come ci ha abituato la questura, prendendo tutti alla sprovvista). Sta succedendo qualcosa in via Verdi, al numero 15: la residenza universitaria, occupata dallo scorso Gennaio, si riempie di poliziotti che portano fuori chiunque è all’interno dello stabile. Si forma da subito un presidio di solidarietà davanti all’auditorium della Rai (vicinissimo alla Verdi 15), il quale viene però subito frenato dai furgoncini blu che lo tengono a debita distanza dalla residenza. Alcuni ragazzi, muniti di megafono, percorrono via Verdi fino a giungere a Palazzo Nuovo, annunciando i nefasti eventi appena accaduti. Un membro del nostro collettivo decide di portare solidarietà al presidio, il quale si popola (e continua a popolarsi) di persone indignate dalle malefatte dei caschi blu. In un attimo si alza uno striscione che urla ad alta voce “No allo sgombero! Verdi 15 resiste!” ed il presidio diventa un corteo. Le intenzioni sono da subito chiare: bisogna andare a Palazzo Nuovo ed informare tutti riguardo cosa sta succedendo. Nel giro di una manciata di minuti la meta viene raggiunta e dal gruppo di manifestanti si libra un coro unanime che rimbomba per tutto l’edificio: “La Verdi 15 non si tocca, la difenderemo con la lotta!”. Il corteo decide in seguito di lasciare Palazzo Nuovo e gridare la sua indignazione a tutti gli abitanti di Torino sfilando per la città. Ovunque occhi coperti dalle visiere dei caschi antisommossa spiano i manifestanti per la città: i poliziotti non aspettano altro che una provocazione, la quale arriva quando il corteo raggiunge piazza Castello. Vengono effettuate due cariche, ovviamente corredate di spietate manganellate che arrivano sulla testa di un paio di ragazzi e ragazze, ferendoli, ma non gravemente. Il corteo si sposta, ma ripassa per la piazza circa trenta minuti dopo, senza però scontrarsi con le forze del (dis)ordine. Si ritorna in via Po e ci si ferma in una traversa, intonando cori contro quei macellai vestiti di blu che qualche ora prima hanno, grazie alla violenza, privato del diritto alla casa diversi studenti e persone che abitavano presso la Verdi 15. D’un tratto si sente un grido: “L’EDISU ci priva della casa? Noi ora abbiamo fame, andiamo a prenderci quello che ci spetta di diritto!”. A queste parole ci si dirige verso la mensa dell’EDISU, in via delle Rosine, la quale viene presto svuotata dall’affamato corteo. Le pietanze vengono portate a Palazzo Nuovo e messe coram populo e rese disponibili a chiunque voglia. Nello stesso sito, comunque, parte del corteo sta cercando il preside della facoltà di Lettere e Filosofia per domandargli se fosse stato al corrente (e consenziente) riguardo al programmato sgombero della Verdi 15. Scarsi risultati, nonostante l’insistenza con la quale ci si accalca davanti al suo ufficio e si bussa pesantemente sulla porta di esso. Dopo pranzo, poi, arriva la notizia di un’assemblea, convocata per le 18:00, sempre a Palazzo Nuovo. Durante questa riunione, si deciderà di dirigersi verso Porta Nuova ed occupare i binari della stazione in segno di protesta. Altri due membri del Collettivo partecipano all’occupazione programmata, portando la nostra solidarietà alla protesta della residenza universitaria. In seguito, si decide di occupare Palazzo Nuovo per la notte del 30 Ottobre. Il giorno seguente, all’entrata dell’edificio, viene esposto uno striscione che, ancora una volta, grida l’indignazione della Verdi 15.
A poco più di una settimana di distanza, poi, la Verdi 15 trova una nuovo posto in cui stabilirsi: si tratta di uno spazio in vicolo Benevello, tra l’altro ancora più vicino all’area universitaria.

Il messaggio è ora chiaro: “Ricominciamo da dove eravamo stati interrotti”, ma ancora “La Verdi Quindici Occupata […] si è conquistata il suo nuovo spazio, per continuare le battaglie di ieri, per immaginarne altre ancora”. Il Collettivo ha partecipato (e continuerà a partecipare) alla lotta della Verdi 15 contro speculatori e affaristi, i quali la vedono come una realtà un po’ troppo scomoda, finanziariamente parlando, s’intende. Quindi, anche da Bra si alzano voci che gridano “noi, di lottare [per i nostri diritti], non ci stanchiamo mai”!

 

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