“Sotto la neve la merda non si vede” – no pasaran

Che siano solo 4 coglioni lo sapevamo gia, ma non trascurabili conferme arrivano in questi giorni, nei quali, agli annunciati presidi  di forzanuova a Bra e Alba non si è vista merda viva. Gli sporchi fascisti non si sono nemmeno presentati, e qui a Bra, abbiamo comunque colto l’occasione per fare un giro in gruppo al mercato, con l’intenzione, qualora li avvessimo trovati a far propaganda, di contestarli come possibile per la realtà cittadina. Per fortuna in queste zone i fascistelli sono solo 4 poveri coglioni frustrati, ma di sicuro non gli lasceremo mai agire indisturbati. Vale anche la pena sottolineare il particolare interesse dei carabinieri braidesi, che ci hanno affettuosamente seguito in due pattuglie per tutta la mattinata. Resta alta la guardia degli antifascisti, in ricordo di tutte le vittime di questi infami nazionalisti, ai quali non bisogna lasciare spazio alcuno, e davanti a cui non ci meravigliamo, che possano trovare spazio tra i loschi figuri della politica istituzionale, che testualmente dice “bisogna ignorarli”.

NO PASARAN.

 

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Presentazione libro “A sarà dura – storie di vita e militanza notav” a cura del Centro Sociale Askatasuna

Titolo: Presentazione libro “A sarà dura – storie di vita e militanza notav” a cura del Centro Sociale Askatasuna
Luogo: Bra-Il topo di libreria
Descrizione: Sabato 16 febbraio ore 16.
Presso ilTopo di libreria
Bra (cn) via pollenzo 24

Presentazione a cura del Centro Sociale Askatasuna del libro
“a sara dura – storie di vita e militanza notav”

Ora inizio: 16:00
Data: 16-02-2013

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asaraduravolantinoSABATO 16 FEBBRAIO ALLE h16 BRA (Cn)

presentazione del libro “A sarà dura – storie di vita e militanza notav”

a cura del Centro Sociale Askatasuna

presso IltopodiLibreria  Via pollenzo 24 – Bra (cn)

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Il Collettivo al corteo studentesco del #6 Dicembre.

Gli studenti sono saturi: l’hanno visto (e sentito) l’altra mattina i membri del nostro collettivo, i quali hanno preso parte al corteo studentesco organizzato a Torino. Ritrovatisi in piazza Arabrello, piazza dalla quale parte la più parte delle manifestazioni torinesi, gli studenti, prevalentemente delle scuole superiori e dell’università, hanno scelto anche oggi di manifestare poiché stufi di un governo di austerity che continua a tagliare o a rincarare tutto quello che può, senza mai fermarsi e senza rendersi conto che le famiglie italiane sono oggigiorno stremate dal peso del denaro che grava su di loro. Quello degli studenti non è stato comunque l’unico corteo a sfilare per Torino: anche i lavoratori metalmeccanici hanno “preso la strada” per far vedere che i problemi di cui il popolo italiano si lamenta non sono beffe, bensì tristi verità.
Partito dunque dal luogo di ritrovo, il corteo, capeggiato da uno striscione recitante “Siamo la generazione che non ci arrende”, attende l’arrivo dei metalmeccanici, per poi accodarvisi e dare inizio così alla manifestazione. Sin da subito i ragazzi organizzano cori ed urlano a tutta Torino la loro indignazione. Ovviamente non mancano (come non mancano mai) gli zeloti del manganello dalle menti indottrinate, sempre di guardia ad una rabbia che brucia ogni giorno di più a causa delle “misure precauzionali” prese dalla casta. Il corteo, oltre a ringraziarli intonando un bell’ “assassins de la police”, non dimentica di parlare del movimento No Tav, del quale quattordici membri sono stati processati e condannati pochi giorni fa perché colpevoli d’aver sfidato chi vuol distruggere la Val di Susa. Il messaggio sui cartelli in prima linea accusa chiaramente: “2 cm di TAV = 1 borsa di studio”. I ragazzi raggiungono poi piazza Castello, lasciando il corteo dei metalmeccanici per dirigersi verso la Mole Antonelliana, simbolo storico della cultura torinese e della più recente resistenza pacifica contro lo sfruttamento dei lavoratori: Ken Loach, regista, avrebbe dovuto essere premiato durante il corso del Torino Film Festival, ma ha rifiutato cosa gli spettava appunto per dimostrare la sua indignazione di fronte alla realtà italiana. I ragazzi entrano nel cortile della Mole ed espongono uno striscione con su scritto “Vogliamo il pane ma anche le rose” sul balcone della Mole. Non mancano i digossini infiltrati, spinti a forza fuori dal cortile, ma la celere è straordinariamente “tranquilla”. Non si potrà dire lo stesso durante il pomeriggio, nel corso del quale caricherà il presidio organizzato dalla Verdi 15 che si troverà sotto il Rettorato. Lo scopo del presidio è quello di contestare la visita di Jean-Claude Trichet, ex-presidente della BCE, ma i puffi non lo permettono, bloccando l’ingresso dell’edificio e caricando i partecipanti all’evento.

Il messaggio è chiaro ancora una volta: gli studenti, come anche gli operai metalmeccanici, sono stufi dell’austerity italiana e di tutte le bugie raccontate da un gruppo di sciocchi demagoghi che, ripetutamente, piangono la crisi sotto gli occhi dei media per essere compatiti. Ormai l’atmosfera si sta scaldando, nemmeno il freddo basta a fermarci. Il #6 Dicembre non è e non sarà l’ultima volta che l’Italia sentirà la voce di chi sceglie di protestare contro “il fango quotidiano che ci cade attorno”.

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Sui fatti del 14N. (sciopero generale Torino)

Senza dare cifre numeriche sulla presenza, cosa sempre approssimativa, è comunque una piazza Arbarello colma e straripante, quella del concentramento di studenti e antagonisti torinesi in occasione dello sciopero europeo generale di mercoledì 14 Novembre.
Tre membri del nostro collettivo, un rappresentante del Laboratorio Sociale Autogestito di Alba ed un altro del Coordinamento Asti Est si sono uniti, una volta raggiunto il punto di ritrovo, ai tantissimi giovani e giovanissimi che hanno scelto di scendere in piazza e far sentire la loro voce.
Il corteo, partito dalla piazza, raggiunge la stazione ferroviaria di Porta Susa, ed intanto il numero di manifestanti continua a crescere, così come anche le loro urla contro un governo di austerity i cui politici sono troppo occupati a pensare al gonfiarsi dei loro portafogli per occuparsi del benessere delle future generazioni.
La prima sosta del corteo è di fronte al ministero dei trasporti, fatto bersaglio di lancio di uova, nonché di esproprio materiale come qualche tavolino e materiale cartaceo dato a fuoco di fronte a uno dei palazzi del potere torinesi.
Il corteo ha raggiunto in seguito il cantiere in corso Inghilterra dove da anni è in via di costruzione un grattacielo per Intesa San Paolo, il quale, più che essere simbolo della banca, rappresenta le collusioni e le speculazioni edilizie torinesi. Inoltre, diverse sono state le contestazioni dei NoTav e dei NoGrat (“Non Grattiamo il cielo di Torino”) che hanno cercato di opporsi alla realizzazione del “mostro” torinese negli anni passati.
Dopo aver aggirato, affrontato e respinto un cordone di polizia gli studenti invadono il cantiere bloccando i lavori; si verifica poi lo stato di fermo per una ragazzo salito sulla costruzione per appendere una bandiera Notav. Né i lacrimogeni, né le cariche, né tanto meno i pochi operai che si sono opposti all’invasione hanno potuto fermare l’occupazione.
Il corteo, quindi, si ricompatta, riunendo i due picchetti che si sono creati dai due ingressi al cantiere. Prosegue verso il piazza Castello, dove si riuniranno gli altri spezzoni sindacali, ma senza calcolare minimamente i pochi presenti; continua verso via Po, per poi improvvisamente dirigersi verso i palazzi della provincia di Torino, occupandone uno momentaneamente. Si è poi creato un ammasso con il mobilio presente nell’edificio, portato fuori e riversato in mezzo alla strada, segno tangibile che con Torino non si scherza. Issata la bandiera Notav al posto di quella europea, il corteo riparte e tocca l’ex sede della Verdi 15 Occupata, in onore della quale occupa poi un nuovo stabile (in disuso) in corso Farini, nei pressi di corso Regina Margherita, dando vita alla Verdi 3.0.
Qualche camionetta di polizia insidia da lontano la nuova occupazione, ma senza avvicinarsi, e la verdi 15 rilancia quindi molteplici iniziative, per ora in vicolo Benevello 4b, ma presto anche nel cortile della nuova occupazione.
Si conclude così la giornata torinese di sciopero europeo, giornata che ha visto un’enorme partecipazione per quanto riguarda gli studenti, mentre per i lavoratori i numeri sono stati praticamente irrisori nei confronti della manifestazione e quindi, per questo, poco coerenti con il principio dello sciopero stesso.
Mentre in tutta Europa, ed in varie città italiane, la repressione poliziesca trovava oggi la sua massima espressione, i giovani davano un chiaro segnale alla politica di austerity mossa da Fed e Bce che governa il mondo, un segnale che è forte, che non è che agli inizi della sua prosperità e che rappresenta un movimento che sta trovando comuni campi di battaglia a livello europeo.
Abituatevi agli assedi ai palazzi del potere.

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Il Collettivo con la Verdi 15.

Martedì 30 Ottobre Torino si sveglia presto (ma non presto come ci ha abituato la questura, prendendo tutti alla sprovvista). Sta succedendo qualcosa in via Verdi, al numero 15: la residenza universitaria, occupata dallo scorso Gennaio, si riempie di poliziotti che portano fuori chiunque è all’interno dello stabile. Si forma da subito un presidio di solidarietà davanti all’auditorium della Rai (vicinissimo alla Verdi 15), il quale viene però subito frenato dai furgoncini blu che lo tengono a debita distanza dalla residenza. Alcuni ragazzi, muniti di megafono, percorrono via Verdi fino a giungere a Palazzo Nuovo, annunciando i nefasti eventi appena accaduti. Un membro del nostro collettivo decide di portare solidarietà al presidio, il quale si popola (e continua a popolarsi) di persone indignate dalle malefatte dei caschi blu. In un attimo si alza uno striscione che urla ad alta voce “No allo sgombero! Verdi 15 resiste!” ed il presidio diventa un corteo. Le intenzioni sono da subito chiare: bisogna andare a Palazzo Nuovo ed informare tutti riguardo cosa sta succedendo. Nel giro di una manciata di minuti la meta viene raggiunta e dal gruppo di manifestanti si libra un coro unanime che rimbomba per tutto l’edificio: “La Verdi 15 non si tocca, la difenderemo con la lotta!”. Il corteo decide in seguito di lasciare Palazzo Nuovo e gridare la sua indignazione a tutti gli abitanti di Torino sfilando per la città. Ovunque occhi coperti dalle visiere dei caschi antisommossa spiano i manifestanti per la città: i poliziotti non aspettano altro che una provocazione, la quale arriva quando il corteo raggiunge piazza Castello. Vengono effettuate due cariche, ovviamente corredate di spietate manganellate che arrivano sulla testa di un paio di ragazzi e ragazze, ferendoli, ma non gravemente. Il corteo si sposta, ma ripassa per la piazza circa trenta minuti dopo, senza però scontrarsi con le forze del (dis)ordine. Si ritorna in via Po e ci si ferma in una traversa, intonando cori contro quei macellai vestiti di blu che qualche ora prima hanno, grazie alla violenza, privato del diritto alla casa diversi studenti e persone che abitavano presso la Verdi 15. D’un tratto si sente un grido: “L’EDISU ci priva della casa? Noi ora abbiamo fame, andiamo a prenderci quello che ci spetta di diritto!”. A queste parole ci si dirige verso la mensa dell’EDISU, in via delle Rosine, la quale viene presto svuotata dall’affamato corteo. Le pietanze vengono portate a Palazzo Nuovo e messe coram populo e rese disponibili a chiunque voglia. Nello stesso sito, comunque, parte del corteo sta cercando il preside della facoltà di Lettere e Filosofia per domandargli se fosse stato al corrente (e consenziente) riguardo al programmato sgombero della Verdi 15. Scarsi risultati, nonostante l’insistenza con la quale ci si accalca davanti al suo ufficio e si bussa pesantemente sulla porta di esso. Dopo pranzo, poi, arriva la notizia di un’assemblea, convocata per le 18:00, sempre a Palazzo Nuovo. Durante questa riunione, si deciderà di dirigersi verso Porta Nuova ed occupare i binari della stazione in segno di protesta. Altri due membri del Collettivo partecipano all’occupazione programmata, portando la nostra solidarietà alla protesta della residenza universitaria. In seguito, si decide di occupare Palazzo Nuovo per la notte del 30 Ottobre. Il giorno seguente, all’entrata dell’edificio, viene esposto uno striscione che, ancora una volta, grida l’indignazione della Verdi 15.
A poco più di una settimana di distanza, poi, la Verdi 15 trova una nuovo posto in cui stabilirsi: si tratta di uno spazio in vicolo Benevello, tra l’altro ancora più vicino all’area universitaria.

Il messaggio è ora chiaro: “Ricominciamo da dove eravamo stati interrotti”, ma ancora “La Verdi Quindici Occupata […] si è conquistata il suo nuovo spazio, per continuare le battaglie di ieri, per immaginarne altre ancora”. Il Collettivo ha partecipato (e continuerà a partecipare) alla lotta della Verdi 15 contro speculatori e affaristi, i quali la vedono come una realtà un po’ troppo scomoda, finanziariamente parlando, s’intende. Quindi, anche da Bra si alzano voci che gridano “noi, di lottare [per i nostri diritti], non ci stanchiamo mai”!

 

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Il Collettivo contro lo sgombero del Gabrio.

Torino. Sabato 20 ottobre. Un corteo di mille persone sfila per il quartiere San Paolo ed uno striscione che ammonisce “Guai a chi ci tocca!” lo capeggia. La firma è chiara: C.S.O.A. Gabrio.

Nella giornata di Sabato alcuni membri del Collettivo braidese hanno portato la loro solidarietà al centro sociale torinese partecipando al corteo in programma. Il Gabrio ha voluto urlare ad alta voce contro ogni collusione, ogni sotterfugio politico ed ogni speculazione edilizia. Il centro sociale, infatti, ha ricevuto l’ordine di sfratto dal comune del capoluogo piemontese nonostante ne ricopra una mansione fondamentale: dare casa ai cittadini. Anche questo è stato un punto chiarito durante la manifestazione. Torino, ormai capitale di sfratti a livello italiano, è governata da politici a cui i cittadini non stanno a cuore, se non in periodo di elezioni, chiaramente. Il Gabrio, invece, è dalla loro parte. Durante il pomeriggio il corteo ha saputo confermare il sodalizio tra centro sociale e quartiere: le tappe sono state le palazzine occupate in via Muraglio 11 ed in via Monginevro 46, occupate, diversamente da cosa il settore amministrativo vuole far credere, da famiglie che l’effetto della crisi lo sentono bruciare sulla loro pelle.
Ma perché il Gabrio è sotto sfratto? La risposta è una: l’amianto. L’amianto è nocivo, certo, ma non è differente da quello che si nasconde sotto i tetti di parecchi palazzi torinesi, come affermato durante la manifestazione. Il Comune ha addirittura deciso di stanziare cinquecento mila euro per la bonifica del sito, ma, purtroppo, diverse sono state le realtà politiche che, considerando quella del Gabrio una realtà scomoda, hanno scelto di aggrapparsi a questo problema per forzarne lo sfratto e la chiusura.
La realtà, però, è un po’ differente da quanto suggeriscono le accuse: una volta svuotato e demolito il centro sociale, caso vuole che venga costruito un esercizio commerciale di grandi proporzioni (nonostante ne esista già uno, ancora più grande, nelle vicinanze). La risposta del Gabrio non ha comunque tardato ad arrivare: appena il corteo si è fermato nei pressi dello stabile situato all’angolo tra via Revello e via Frejus, è stata subito occupazione. Il posto, caduto ormai in disuso e dimenticato dal comune, è stato riempito dalle grida mordaci e contente dei manifestanti (tra cui i membri del nostro collettivo), riusciti nel loro intento.
Il pomeriggio si è dunque concluso bene. La serata ancora meglio: concerti benefit per le spese legali del g8 a Genova e divertimento per festeggiare l’impresa pomeridiana.

La risposta è stata massiva: più di mille persone hanno partecipato agli eventi ottobrini lanciati dal centro sociale. Con gli accadimenti del pomeriggio di Sabato, il Gabrio e tutt* quell* che gli sono vicin* hanno dimostrato che non sarà così facile sgomberare la sede di via Revello.

LA LOTTA NON SI È CONCLUSA E NON DEVE CONCLUDERSI.
COME DICONO IN ZONA SAN PAOLO, “GABRIO PER TUTT* E AMIANTO PER NESSUNO!”

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Il rave politico – Dopo Cusago

..di questi tempi associare la parola RAVE a quella POLITICA puo risultare un eresia.
Per noi no. Anzi, talvolta, ritroviamo piu un senso politico in una TAZ (temporary autonome zone), da cui poi sono nati i rave, che in tante passegiate, di partito e non.

Lo scorso sabato, la questura milanese, nella persona del questore Savina,
resosi gia noto, pur essendo in carica in quel di Milano dal 1 ottobre,
in importanti atti repressivi come far manganellare gli studenti il 5 davanti
al Pirellone,reprimere il 22 i comitati per la casa a San siro e il giorno dopo
sgomberare il Lambretta, continua le sue “risikate” sgomberando una festa non autorizzata, con il preciso intento di voler dare una dimostrazione di forza ad organizzatori e ravers in generale.
Forse immaginando di trovarsi davanti degli zombie Savina decide di mandare 150 cellerini, tirandosi addosso le critiche anche del sindacato di polizia, per sgomberare quasi 2000 persone, portando a termine una di quelle classiche operazioni che tengono alto il nome delle forze del disordine nostrane, a cui portroppo chi le vive settimanalmente è abituato, fatte di brutalità verso persone, animali e oggetti, e dirette dall’ignoranza fatta a dirigente, alla direzione di cellerini dirottati dallo stadio.
A sto giro, oltre che far provare ai piu giovani lo sparalacrimogeni, si son divertiti ad uccidere a calci e manganellate un cane, oltre che ad accanirsi contro strumentazione audio, video, e dar libero sfogo alla violenza sulle persone.

Una ragazza poco piu che ventenne in coma per essere “caduta su un calcinaccio” violento, il suo ragazzo tra gli arrestati per resistenza, entrambi cuneesi. I feriti ufficiali sono cinquanta, molti appartenenti ai cellerini che ovviamente si fanno refertare anche i graffi,
vari fermi, ancora imprecisati arresti e il sequestro di  migliaia di euro di attrezzatura audio e video.

In mezzo a queste barbarie, inevitabile la ribellione dei partecipanti alla festa, che racchiudono personalità di ogni tipo, sfociata in guerriglia urbana. Avvenimento che mancava da non poco ad uno sgombero di un rave.

Alcuni di noi del collettivo sono frequentatori, assidui o meno, di rave party.
Qualcuno tral altro affronta il tema anche in maniera iper-consapevole e per gran parte politica.
Non ha tutti i torti chi accomuna queste feste al semplice sballo e alla circolazione di droghe, che avviene ovunque, non solo ai rave, ma anzi in quest’ultimi spesso avviene piu consapevolmente.
Non è la strada del divieto che porta una persona ad avere un opinione di una cosa. Il divieto lo porta al massimo alla ricerca del vietato. Inoltre a questo  tipo di feste, da quando sono nate, esistono collettivi e progetti di informazione che promuovono un uso consapevole e informato di sostanze, se proprio si vuole provare, con la distribuzione di volantini e materiale informativi, oltre che l’attività di primo soccorso qualora ce ne fosse bisogno.
I veterani dei Rave accusano che l’ambiente stia comunque cambiando, e perdendo i suoi connotati politici, lasciando spazio al semplice esercizio ludico, ma ricordando che cosi non puo essere in quanto generato da un occupazione, e quindi una riappropriazione politica di uno spazio, materiale e temporale.

Il filone che si dissocia dal dare solidarietà alle reali vittime dell’accaduto, qualora ci fosse, tacciando come tossici inconsapevoli, o semplicemente semplici festaioli, con la presunzione di scegliere con quale modalità l’individuo ha il diritto di riappropriarsi delle propria libertà, ben si distacca dalla nostra visione di politica e attività sociale, e serve a nostro avviso, semplicemente a lasciare spazi vuoti in cui altre idee politiche possono
trovare spazio (vedi animalisti di destra), anche se confidiamo nel popolo dei travellers,
che in gran parte è formato da individualità sicuramente rivoluzionarie, che spesso si aggregano in forme collettive con connotati politici non indifferenti.
In un rave party nasce una società autonoma, dalla gestione degli spazi, all’approvvigionamento, al pernottamento e all’intrattenimento, in cui non vige nessuna particolare pre-selezione ai rapporti umani e in cui giovani e meno giovani trovano spazio per dimostrare le proprie capacità, a differenza del mondo esterno.
E’ sempre sgradevole trovare bei prati pieni di rifiuti di ogni tipo, e questo è sicuramente una cosa che disgusta gli organizzatori in primis. DIfatti ricordiamo feste in cui si è staccata la musica fin quando non si puliva.

Nessuno vieta a quella politica underground, ma piu attiva (forse), di partecipare a questi eventi, a cui nessuno negherà mai di mettere un banchetto, come gia molti ce ne sono, di molteplici realtà, o singole persone, che colgono la momentanea rivoluzione
in un mondo di parole a lungo termine. Che vivono per un lasso di tempo in un sistema lontano e diverso da quello che critichiamo.

Massima solidarietà allo spirito fondatore dei rave party e a chi ha subito la repressione del manganello ignorante,
braccio del governante criminale.

ecco il comunicato di uno dei gruppi organizzatori, Hazard unitz, che festeggiava i suoi 10 anni di attività:

Comunicato della Hazard Unitz Crew sui fatti di sabato 27 ottobre

 

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Il CollettivO

Il Collettivo nasce a inizio del 2012 da un gruppo di persone residenti nella provincia di Cuneo, studenti e lavoratori, che inizialmente vengono accomunati dalla lotta notav, e dal bisogno di dare una risposta anche in queste zona all’ondata repressiva che ha investito il movimento valsusino,  ma non solo, a inizio anno. Oltre che l’0pposizione all’alta velocità, sono sicuramente di nostra pertinenza, e siamo quindi attivi, in temi come la lotta per la casa, l’antifascismo, l’antirazzismo, l’antisessismo e l’antispecismo, la lotta per la  riappropriazione degli spazi, la lotta contro il proibizionismo, contro la speculazione edilizia dei soliti e la cementificazione selvaggia, contro, quindi, le logiche perbeniste di vetrina di chi ci governa.

Contact us:

ilcollettivo@stronzi.org

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